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Quaresima 2011

Esercizi spirituali parrocchiali - Sesto S.G.

terza serata


Con fatica lavorerai il suolo...” (Gen 4,12)

LAVORARE per dare vita al futuro


 

Per la meditazione personale


Alcuni atteggiamenti del cuore nella prospettiva della speranza cristiana:


1) Non fuggire il presente, non sottrarsi alla fatica del presente, non tanto fisicamente (il lavoro è necessario), ma anche con la consapevolezza del non fuggire le responsabilità.

Siamo sempre attanagliati dal dubbio che la fedeltà agli impegni già presi, sia, in realtà, soltanto espressione di mediocrità. Sospettare che la virtù sia mediocre.

Non fuggire lontano dal presente, quasi con la rassegnata idea che quello è un luogo arido, inospitale e non vivibile. Non mi consegnarsi alla ricerca vaga e mai conclusa di un “altrove”, dove la vita appaia finalmente convincente. Non è altrove il luogo della nostra vita, è proprio qui dove ci troviamo.


2) Esigere che la verità sia il presidio dell’agire. Sembra una pretesa eccessiva, quantomeno fino a quando in questione ci sono le mille piccole azioni di ogni giorno. Basta anche qualche cosa di meno della verità; anzi, qualche cosa di meno non solo basta, ma rende la vita decisamente più semplice rispetto a quanto non lo sarebbe se ci ponessimo sempre da capo la grandiosa questione della verità. Detto più concretamente, fingere – almeno nelle cose piccole, nei rapporti banali – semplifica molto la vita.

L’abbandono della verità, in favore della più pratica convenzione sociale, appare, oltre tutto, una scelta in molti modi incoraggiata dalle condizioni della vita sociale di oggi, a partire anche dalla realtà lavorativa.


3) Vivere la pazienza: se uno è arrogante, un po’ megalomane, troppo pieno di sé, sarà magari anche più incline ad apprezzare la compagnia di persone amorfe, impassibili, accondiscendenti, piuttosto che persone con cui confrontarsi e cercare il dialogo.

La pazienza vera, che merita d’essere apprezzata si esprime soprattutto nella disposizione ad ascoltare: più in generale, ad accordare attenzione alla persona.

Ma la pazienza si può perdere per poco; perdere la pazienza significa, talvolta, perdere il senso della misura.

L’impazienza nasce dalla segreta pretesa di rendere prevedibile e precisa la modalità che dovrebbe assumere la presenza dell’altro nella nostra vita; nel nostro lavoro.

La ricerca sincera, appassionata e perseverante, della prossimità dell’altro esige, dunque, che noi riconosciamo e accettiamo la nostra vulnerabilità, il rischio, cioè, di perdere anche la pazienza.


4) Assumere coraggio e fiducia negli altri: Il coraggio, o forse meglio si direbbe l’audacia, non nasce, certo, dalla considerazione delle proprie risorse o capacità, ma, piuttosto, dalla fiducia.

Ciascuno di noi ha le sue paure particolari e anche forme di coraggio originali…..

Il coraggio cristiano non consiste solo e sempre nella cancellazione delle debolezze.

La paura degli altri non è soltanto quella che nasce dal timore del loro giudizio; è anche quella che nasce dal carattere imprevedibile delle esigenze che gli altri possono avere nei nostri confronti.


5) Abbandonarsi nel cuore del Signore: alla fine torniamo qui, non per nasconderci, non per non giocarci fino in fondo, ma proprio per non trattenerci.

Occorre cercare la dimensione profonda dell’essere “servi inutili”, dimensione che fa mettere in atto ogni piccolissimo gesto ed ogni possibile impegno in una libertà piena; la libertà di chi sa che, comunque, non è il salvatore del mondo. Noi, insieme a tutti gli altri, stiamo già a cuore a Qualcuno. Egli si prende cura in modo definitivo e senza mai pentirsi; a noi chiede solo di vivere fino in fondo la vita.