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La porta Della Fede - lettera dell'Arcivescovo

Premessa

La lettera vuole proporre gli Orientamenti pastorali per il 2012-2013, Anno della fede, a partire dalla festa delle famiglie che è stato il dono della convocazione del Dio vicino (“Abbiamo una buona ragione per fare festa, abbiamo una buona ragione per essere lieti e fiduciosi: crediamo in Dio, il Dio vicino che ci ama e ci salva” Salmo 126). Il dono straordinario della visita del Papa intende essere la prospettiva con cui orientare la vita ordinaria della diocesi per il 2012-2013: “anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù” e attingere la sua acqua, dice il Papa, ed è proprio l’incontro con Gesù che genera e alimenta la nostra fede.

Nell’anno delle fede le nostre comunità dovranno concentrarsi sull’essenziale: più tempo per le conoscenza e contemplazione che per le iniziative, più silenzio che parole, più comunicazione della fede che ricerca del consenso. In sintesi più testimonianza che militanza.

Il dono della fede

In quanto ‘eredi di un patrimonio spirituale di inestimabile valore’ siamo chiamati a ‘immettere nell’attuale contesto culturale il lievito evangelico’.

Per farlo è bene conoscere l’opera evangelizzatrice della Chiesa di Milano dal secondo dopoguerra: nel primo periodo, caratterizzato da una religiosità ancora massicciamente diffusa e organizzata che stava però perdendo il rapporto con Gesù, vero Dio e vero uomo, la Chiesa ambrosiana educa ad una fede in grado di portare una traccia di Dio in ogni settore importante della vita. In pieno svolgimento del Concilio Vaticano II, quando la società lombarda inizia a diventare plurale e il ’68 induce all’abbandono della pratica cristiana di molti giovani, la Chiesa Ambrosiana intensifica la qualità della formazione e vede lo sviluppo dei nuovi movimenti. Quando si passa successivamente dalla ferita del terrorismo alla “Milano da bere” (gaia rassegnazione) la Chiesa milanese (è il periodo di Martini) propone un forte radicamento della fede nella Parola, vista anche come ponte verso tutti i mondi (di altre religioni, agnostici e atei, della società civile).
Quando nel terzo millennio la crisi economica mette a dura prova il quotidiano, la Chiesa ambrosiana (è il periodo di Tettamanzi) avvia una riforma della fisionomia dell’azione pastorale.


Il filo rosso che lega tutte queste fasi è il convincimento che la fede in Gesù è una grande risorsa per la vita personale e comunitaria della Chiesa e della società civile.

Oggi però la fede non sembra più il presupposto ovvio del vivere comune e viene spesso persino negato. La profonda crisi di fede di molti fa mancare il tessuto culturale unitario, che un tempo era largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori che essa ispira.

Si pone allora la domanda: il popolo di Dio che è in Milano è realmente in grado ancora oggi di annunciare Gesù Cristo “Redentore dell’uomo”?

Nella nostra società di oggi (caratterizzata da strabilianti scoperte delle biotecnologie, neuroscienze, fisica, alla complessità del rapporto politica, economia e finanza, dalle relazioni sociali virtuali, dal meticciato di culture e civiltà) è ancora possibile proporre, con sicurezza e nel pieno rispetto di tutti, che Gesù Cristo è Colui che svela pienamente l’uomo all’uomo e che al di fuori di Lui non c’è salvezza? La Chiesa (ferita dal peccato di qualche suo membro) è ancora credibile oggi ai nostri occhi e a quelli del sofisticato uomo post- moderno?

Per vivere adeguatamente l’Anno della fede dobbiamo quindi con umiltà rimetterci alla scuola di Gesù per domandarci cos’è la fede e sapere quindi alla Sua luce rinnovare a tutti l’annuncio del Vangelo.

Per rispondere alla domanda ‘Che cos’è la fede?’, l’Arcivescovo propone di farsi guidare dal brano del padre che porta a Gesù il figlio, tormentato dalla nascita da uno spirito muto che i discepoli non hanno saputo scacciare (Mc, 9, 14-27). Il padre, che ha vissuto anni di fatiche, frustrazioni, di feste rovinate, è attratto dalla presenza di Gesù vicino e intuisce una possibile via di salvezza per suo figlio. Fanno da contraltare al padre del bambino, tutti quelli che amano discutere con Gesù senza mettersi veramente in discussione, delle persone religiose che si accaniscono nelle pratiche legali per essere a posto con Dio, gli scettici che pongono domande senza disponibilità ad ascoltare le risposte, i gaudenti che, pur incuriositi da qualcosa di serio, non hanno veramente sete e i discepoli stessi che hanno pensato di potersela cavare da soli.

Il padre del bambino è incline alla fiducia come estremo tentativo e si aspetta almeno un po’ di conforto. Riceve da Gesù una risposta che autorizza a desiderare tutto (“Tutto è possibile per chi crede”, Mc 9, 23); è chiamato ad una pienezza che supera ogni attesa. Come il padre del bambino, anche noi dovremmo imparare a rispondere: “Credo; aiuta la mia incredulità”.

L’Arcivescovo propone quindi alcune definizioni della fede prese dal Nuovo Testamento. La fede in Cristo:
• è accoglienza piena di stupore: l’iniziativa è sempre di Dio che coglie il nostro bisogno;
• è adesione fiduciosa: orientare a Dio il nostro “cuore”;
• è conoscenza: l’incontro con Gesù è esperienza che persuade ala sequela;
• è libertà: l’incontro con Gesù rende possibile ad ogni persona di esercitare pienamente la libertà;
• è appartenenza: non è personale, la sequela di Gesù domanda l’appartenenza alla Chiesa;
• è integrale: è per tutto l’uomo e per tutti gli uomini;
• fa la storia: la perseveranza nella fede durante tutta la vita scrive una storia salvata in cui si svela
che nulla e nessuno “potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù” (Rm 8, 38-39).

Nessuno può credere da solo. La fede è sempre dono del Signore: siamo generati alla fede dallo Spirito in quel grembo che è la comunità cristiana. E’ attraverso la comunità cristiana locale che diventiamo eredi di un patrimonio inestimabile che dobbiamo rileggere e trarre motivo di riflessione.

Cerchiamo quindi di comprendere quali siano i pilastri della Chiesa locale (in tutte le sue espressioni). Ci aiutano in questo gli Atti degli Apostoli (At 2, 42-47):

1. “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli…” per educarsi al pensiero di Cristo che “pensa secondo Lui e pensa Lui attraverso tutte le cose”. In questo ci faremo aiutare dalle Scritture e dai documenti della Chiesa (Concilio Vaticano II e Catechismo della Chiesa Cattolica);
2. “…e nella comunione…”: siamo chiamati a condividere con tutti i fratelli la nostra esistenza perché abbiamo in comune Cristo stesso; la vita ci è donata per essere offerta gratuitamente in vista del bene della Chiesa e del mondo intero;
3. “…nello spezzare il pane e nelle preghiere…”: la memoria eucaristica di Gesù è la sorgente inesauribile della vita della comunità, è la Sua presenza reale che “ci fa una sola cosa con Lui e tra di noi” (1Cor 10, 17) e ci chiede di amare i nostri nemici e pregare per quelli che ci perseguitano;

4. “…il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati”: la missione della Chiesa non è l’accanimento del proselitismo, ma una testimonianza che lascia trasparire l’attrattiva di Gesù, è lo struggimento perché tutti siano salvati.

La caratteristica della perseveranze infine sottolinea l’atteggiamento a cui è chiamata anche la Chiesa ambrosiana a tutti i livelli: proporre una vita di comunità in cui si pratichino regolarmente i quattro fondamentali affinché ognuno possa essere condotto e accompagnato all’incontro personale e libero con Cristo.

La vita nella fede

Nell’Anno della fede, l’Arcivescovo auspica che tutti quelli che vivono nella nostra Diocesi siano disponibili all’incontro con il Dio vicino che porta a convertirsi e a mettersi in cammino verso la comunione con Dio, a dire cioè a Gesù: “Credo; aiuta la mia incredulità”. Ovviamente il cammino non è senza prove e tentazioni che non ci devono bloccare; anche il nostro peccato se riconosciuto con dolore, confessato e perdonato, è occasione di crescita. L’Arcivescovo rinnova il richiamo ad accostarsi regolarmente alla confessione e chiede ai presbiteri di rendersi disponibili all’esercizio di questi sacramento.

L’Arcivescovo individua quindi 4 ambiti che richiedono una particolare cura pastorale: la famiglia, i giovani, i ministri ordinati e i consacrati/e, e l’odierna società plurale. Di questi ambiti vengono presentati a) lo sguardo della fede, b) le prove e tentazioni a cui sono sottoposti, e c) l’occasione di conversione offerta dall’Anno della fede.

La fede in famiglia

a) L’incontro mondiale delle famiglie ha fatto risplendere la bellezza della vita familiare che la grazia del matrimonio rende possibile. La famiglia è la prima scuola della fede per gli sposi, per i figli e per i nonni.
b) Le tentazioni che mettono alla prova la fede in famiglia sono la reticenza sulle ragioni del vivere e sulle responsabilità connesse, il ridursi ad una pratica religiosa individualista (che si relaziona poco con gli altri familiari nella preghiera e nella pratica religiosa), la rassegnazione ad un modello familiare precario e provvisorio, la rinuncia ad un serio impegno educativo.
c) L’Anno delle fede è una straordinaria occasione per le famiglie ad intensificare o ritrovare la via della preghiera; la fede nel Dio vicino avvolge di luce il quotidiano e incoraggia a percorrere la via della riconciliazione che ci rende fedeli anche nelle fatiche e negli errori. Il coinvolgimento dei genitori nei percorsi di iniziazione cristiana è un dovere prezioso e può essere occasione di rinascita della propria fede. La comunità si mostra attenta alla storia concreta di molte famiglie segnate dalla difficoltà testimoniando che Dio è vicino a tutti e invitando tutti a sentirsi a casa la Chiesa (in particolare i divorziati risposati).

La fede dei giovani

a) Negli anni della giovinezza matura l’incontro personale con il Signore e scaturisce la domanda sulla specifica chiamata vocazionale per ciascuno che lo renderà pietra viva dell’edificio spirituale. Introdotto dalla famiglia e dalla comunità alla sequela del Signore, il giovane matura in responsabilità e le sue qualità personali diventano dono da condividere.
b) Le tentazioni che mettono alla prova la fede dei giovani sono la paura del futuro che giustifica la fuga dalle responsabilità in tutti gli ambiti, la paura delle verità immaginata come limitante che induce a rassegnarsi a non distinguere il bene dal male, la diffidenza verso la definitività che porta a costruire
rapporti ritenuti attraenti perché rinnegabili.
c) L’Anno della fede invita i giovani al percorso impegnativo denominato “Varcare la soglia” che inizierà, con la veglia della Redditio Symboli, a partire dalla domanda “Credo; aiuta la mia incredulità”. L’Arcivescovo invita gli educatori e gli stessi giovani a promuovere comunità ben identificabili, che vivano i quattro “fondamentali” pilastri. A giovinezza può essere avvolta di luce della gloria del Dio vicino, se diventa sequela di Gesù.

La fede dei ministri ordinati e dei consacrati/e

a) E’ impressionante il bene operato da sacerdoti, religiosi/e e diaconi che ogni giorno si dedicano con naturalezza al servizio delle comunità nella nostra Diocesi.
b) Le loro tentazioni sono lo scoraggiamento per un ministero segnato da fatiche e pretese che sembra essere poco incisivo, lo scontento e l’amarezza per la sensazione di non essere abbastanza valorizzati, il ritenere insuperabili le divergenze e le divisioni nel presbiterio o nelle comunità, il ritenere legittimo la ricerca di consolazioni compensative nell’attaccamento a persone o cose.
c) L’Anno delle fede è l’occasione per rinnovare la grazia del sacramento dell’Ordine e della propria consacrazione, richiamati a rimanere in Gesù con la responsabilità, anche non in condizioni ideali, di praticare una disciplina del tempo, una perseveranza nella preghiera, una gratitudine per la fraternità, e la
cura per la propria fede.

La fede per il bene della società plurale

a) I cristiani sentono la responsabilità di proporre il Vangelo in tutti gli ambiti dell’esistenza senza pretendere un’egemonia e senza sottrarsi al dovere della testimonianza.
b) Le tentazioni dei cristiani che ne mette a prova la fede sono il tollerare il dualismo che separa fede e vita, il mutismo di fronte alle grandi questioni del nostro tempo che mortifica la luce del Vangelo, il ridurre la fede cristiana a religione civile e il fare prevalere ciò che separa su quello che unisce, approfondendo le divisioni.
c) L’Anno della fede può essere l’occasione perché i cristiani prendano coscienza della responsabilità, particolarmente importante nella società plurale, di comunicare la convenienza della vita buona che nasce dal Vangelo. Per questo però è necessario che i cristiani continuino a domandare: “Credo; aiuta la mia incredulità!”. Sarà anche l’occasione per una riflessione sulla rilevanza pubblica della religione.

Tappe del commino comune

Sono proposte alcune iniziative che intendono caratterizzare in modo particolare quest’Anno delle fede, offerte (per esempio, l’Eucarestia delle domeniche di Avvento, la Via crucis quaresimale e il Rosario del mese di maggio guidati dall’Arcivescovo in Duomo, una Scuola della fede per i giovani, l’attuazione della seconda fase del Fondo Famiglia-Lavoro, ecc.).

L’Arcivescovo, infine, domanda a ciascuno di riprendere in modo consapevole l’interrogativo sullo stato della propria fede a partire dalla propria vocazione.

Invita a partecipare agli appuntamenti diocesani, secondo le proprie possibilità, sottolineando come nelle varie espressioni della Chiesa locale ciò che è comune deve prevalere su ciò che è particolare perché sia visibile la comunione nella pluriformità. Il tutto deve brillare in ogni frammento.