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ALLA SCOPERTA DEL DIO VICINO

(“Dalla lettera pastorale dell’Arcivescovo Angelo Scola”)

Carissime e carissimi,

mi rivolgo a voi per proporvi gli Orientamenti pastorali per il 2012-2013, Anno della fede.

Lo faccio anzitutto affidandomi ed affidandovi alla Vergine Maria, nel giorno in cui la Chiesa celebra il mistero della sua natività. Alla nascita della Vergine Santissima fa eco il desiderio di rinascita che per ogni uomo, anche delle nostre terre, è decisivo, lo riconosca o meno.

Che cosa consente all’uomo questa necessaria rinascita che dà vigore al quotidiano? L’esperienza gratuita di una grande gioia. La stessa che abbiamo vissuto nei giorni della Visita Pastorale di Papa Benedetto XVI alla nostra Diocesi in occasione del VII Incontro mondiale delle Famiglie.

Un evento atteso a lungo e preparato con cura, che ha sorpreso tutti per la sua dirompente novità. Le parole del Santo Padre al Teatro alla Scala hanno invitato anche gli sguardi più rassegnati ad aprirsi allo stupore, i discorsi più deprimenti a trasfigurarsi in un inno alla gioia:

“Non questi toni. Non abbiamo bisogno di un discorso irreale di un Dio lontano e di una fratellanza non impegnativa. Siamo in cerca del Dio vicino. Cerchiamo una fraternità che, in mezzo alle sofferenze, sostiene l’altro e così aiuta ad andare avanti. Dopo questo concerto molti andranno all’adorazione eucaristica – al Dio che si è messo nelle nostre sofferenze e continua a farlo. Al Dio che soffre con noi e per noi e così ha reso gli uomini e le donne capaci di condividere la sofferenza dell’altro e di trasformarla in amore

In quei giorni siamo, siamo stati avvolti dall’esultanza delle ragazze e dei ragazzi radunati allo Stadio di San Siro, delle famiglie di tutto il mondo ospiti a Milano, della gente della città che ha salutato il Papa lungo tutto il percorso e per finire dall’intensità della celebrazione eucaristica nell’immensa “cattedrale all’aperto” di Bresso. Dio era con noi.

Una festa della fede se Dio è vicino si sprigiona, irresistibile, la gioia della festa.

La festa infatti non è l’evasione dai problemi di tutti i giorni, ma la grazia di riconoscere il senso del lavoro quotidiano, di trovare riposo di ogni fatica, la consolazione di ogni lacrima, la riconciliazione di ogni divisione.

La festa non si può celebrare da soli, ma è incontro di persone: “Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune” (At 2,44). Nel VII incontro mondiale hanno fatto festa le famiglie e le comunità. La fede riconosce nell’evento della festa non un convergere casuale, ma il dono della convocazione del Dio vicino. Nel travaglio della Milano di oggi, in una società duramente provata da un frangente storico complesso, la comunità cristiana con l’accoglienza delle famiglie, la commovente gratuità del lavoro dei volontari, la cura e la bellezza dei gesti di preghiera e di testimonianza reciproca, con la riflessione su temi decisivi per l’umana convivenza, ha potuto dire a tutti una parola chiara: “Abbiamo una buona ragione per fare festa, abbiamo una buona ragione per essere lieti e fiduciosi: crediamo in Dio, il Dio vicino che ci ama e ci salva” (cfr. Sal 126). Questo stile festoso è stato ben compreso dai milanesi e da quanti, istituzioni e persone, hanno collaborato all’evento. Di questo a loro siamo grati.   

La fede cristiana è generata e alimentata dall’incontro con Gesù, verità vivente e personale: è risposta alla persuasiva bellezza del mistero più che esito di una ricerca inquieta, è fiducia nutrita dall’incontro con il Signore più che una scelta causata dalla sfiducia nelle risorse umane e da uno smarrimento che non trova altra via d’uscita. L’attrattiva di Colui che è stato innalzato (cfr. Gv 8,28), la luce offerta dalle sue parole (cfr. Gv 20,22), consentono ad ogni uomo e ad ogni donna di partecipare nella fede alla Vita divina. Coloro che accolgono il dono dello Spirito Santo sono liberi davvero (cfr. Gv 8,36). Veri figli nel Figlio possono chiamare Dio col nome di Padre (cfr. Gal 4,6). In questo contesto il Papa invita a vivere ed ad approfondire la verità della fede, sostenuti dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica. Nell’anno della fede le nostre comunità dovranno concentrarsi sull’essenziale: il rapporto con Gesù che consente l’accesso alla Comunione trinitaria e rende partecipi della Vita divina. Come ogni profonda relazione amorosa il dono della fede chiede i linguaggi della gratitudine piuttosto che quelli del puro dovere, decisione di dedicare tempo alla conoscenza e alla contemplazione più che proliferazione di iniziative, silenzio più che moltiplicazione di parole, l’irresistibile comunicazione di un’esperienza di pienezza che contagia la società più che l’affannosa ricerca del consenso. In una parola: testimonianza più che militanza.

Il dono della fede: “Eredi di un patrimonio inestimabile”
La fede del nostro popolo è l’anello di una lunga catena. È una tappa della Traditio vivente della Chiesa: Spetta ora a voi, eredi di un glorioso passato e di un patrimonio spirituale di inestimabile valore, impegnarvi per trasmettere alle future generazioni la fiaccola di una così luminosa tradizione. Voi ben sapete quanto sia urgente immettere nell’attuale contesto culturale il lievito evangelico”. Nel solco della lunghissima e gloriosa tradizione ambrosiana, ritengo opportuno un cenno sommario all’opera evangelizzatrice della Chiesa di Milano nel secondo dopoguerra. Il primo periodo è caratterizzato dalla persistenza di una religiosità ancora massicciamente diffusa e organizzata che, tuttavia, diventando progressivamente convenzionale, stava perdendo il rapporto personale, esplicito e convinto, con Gesù, vero Dio e vero uomo, Salvatore e Redentore vivente in mezzo a noi. La Chiesa milanese si impegna in una capillare missione per educare la religiosità dei credenti ad una fede in grado di “portare una traccia di Dio in ogni settore importante della vita”. Mentre il Concilio Vaticano II è in pieno svolgimento, la mutazione della società lombarda subisce una forte accelerazione. Essa incomincia a diventare plurale a tutti i livelli. Il complesso fenomeno del ’68 induce all’abbandono della praticità cristiana di parte consistente del mondo giovanile, spesso sedotto da un’acritica assunzione delle ideologie. La Chiesa ambrosiana intensifica la qualità della formazione, sostenendo le realtà educative e culturali, mentre vede lo sviluppo decisivo dei nuovi movimenti.

L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr. At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr. Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29;Cor 5,17).L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr. At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr. Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29;Cor 5,17).