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Verbale del 12 dic 2016 Stampa

VERBALE DELLA RIUNIONE

DEL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE
del 12 dicembre 2016

 

Alle 21.03, viene fatto l'appello, da cui risultano presenti: don Donato Pastori, don Paolo Cantù, don Gianfranco Zuffada, Francesca Anello; Luca Garotta, Vincenzo Scibona; Catia Mazzon, Armando Negri, Alfredo Penna, Daniela Ruboni, Milena Sgobbi, Giulio Vanzati; Gemma Di Marino, Lucia Figus, Valentino Masotti, Roberto Rusnighi, Luigi Trezzi e Tina Vulso. Si annotano, pertanto, le assenze di Diego Ambrosi, Francesca Stoppa, Simona Toma; Loretta Bortoluzzi, Lucrezia Notarangelo, Gianfranco Boni, Dora Gentilomo (tutti giustificati).

Essendo i membri iscritti 25, con il quorum fissato a 13 (50%+1), ed essendo, oggi, presenti 18 membri (7 assenti), la seduta può avere luogo.

Apre, quindi, la seduta don Donato, che invita i membri a pregare il Signore Gesù, affinché aiuti i presenti nel loro compito. Per fare ciò, ci si serve del foglio distribuito ai presenti.

Quindi, Gemma, moderatrice della serata, introduce, il primo punto all'o.d.g.:

  1. Discutiamo sulla dimensione missionaria nella nostra parrocchia.

Per introdurre la discussione, Gemma legge uno stralcio della lettera del Card. C. M. Martini“Andate a Ninive, la grande città”, che sottolinea l'incarico missionario ricevuto dal popolo di Dio. Successivamente, don Donato legge, commentando brevemente, il foglio allegato alla convocazione, che offre degli spunti alla discussione, sul tema, appunto, della missione. Interviene, a questo punto, Roberto, il quale dubita del fatto che coloro che frequentano la chiesa si sentano 'mandati' ad evangelizzare chi incontrano: lo dimostra il fatto, dice, che ogniqualvolta si richiedano volontari, per le varie attività della parrocchia, non si presenti mai nessuno. Non ha risposte, in merito, prosegue, però ritiene che il canale principale per responsabilizzare i cristiani sia, comunque, l'omelia, la predica del sacerdote, che vorrebbe fosse più coinvolgente. Roberto descrive, poi, quali persone vengono raggiunte dalle iniziative parrocchiali: i genitori giovani, tramite Nonno Gianfri, persone di varie fascie d'età ed estrazione sociale nel Punto d'Incontro, luoghi di aggregazione, questi, dove le persone vengono accolte, sempre. Roberto ricorda, oltre queste, il Gruppo Caritas, che raggiunge, mediante la sua opera, numerose persone; il Catechismo dei ragazzi, tutte opere di evangelizzazione. Bisognerebbe dare, anche ai genitori di questi ragazzi, prosegue, la possibilità di crescere umanamente, come famiglie, anche nell'educazione dei propri figli. Perché non interessa il rapporto con Cristo, si chiede Roberto ? Dalla risposta a questa domanda, forse scaturirebbe il metodo per intervenire. Valentino sostiene che si è missionari, anche, facendo in modo che, chi ci conosce o ci vede, renda grazie al Signore, per causa del nostro comportamento. Anche Lucia è del parere che le nostre opere debbono mostrare agli altri che noi siamo seguaci di Gesù. Don Gianfranco, però, mette in guardia dal credersi sufficientemente in regola, solo con il nostro comportamento. Catia porta un esempio di evangelizzazione, esercitata con il comportamento: si è trovata a cenare in un piccolo ristorante, racconta, quando una coppia di nonni, con un nipotino, seduti ad un tavolo, una volta ricevuti i loro piatti, prima di cenare, si sono presi per mano ed hanno recitato, tutti insieme, un Padre Nostro. Ha tratto, da questo esempio, alcuni insegnamenti: il coraggio di pregare, senza vergogna, dinanzi a tutti; la grande fede, che traspariva dai tre; l'educazione religiosa, che veniva impartita al bambino. Questa è evangelizzazione, conclude Catia. Tina si rifà alle domande riportate in calce al documento allegato alla Convocazione e dubita di scorgere, nella nostra parrocchia, il carattere della missionarietà; infatti, per esempio, i ragazzi, dopo aver ricevuto la Cresima, non frequentano più la parrocchia; così avviene anche per i loro genitori, che sembra non vedano l'ora di terminare gli impegni parrocchiali. Interviene nuovamente Roberto, che ricorda come, dopo il battesimo, genitori e bambini si ritrovino nello spazio Nonno Gianfri, mentre, per il 'dopo Matrimonio', non si è trovato uno strumento analogo efficace. Riprendendo, Tina lamenta, nella nostra parrocchia, di nuovo, la scarsa missionarietà, intesa come 'apertura verso l'esterno', in quanto (quasi) nessuno di noi partecipa ad eventi, che non siano tenuti nella nostra parrocchia. Secondo Roberto, sarebbe importante riuscire a trovare degli argomenti, che interessino la gente, qui in parrocchia oppure altrove. Tina ribadisce che il cristiano non è cristiano solo la domenica, allorché frequenta le celebrazioni, bensì tutta la settimana, anche fuori dalla chiesa. Gigi racconta come, negli anni passati, abbia fatto parte del gruppo che si occupò, nella comunità, dei portatori di handicap, mentre oggi si dedica al doposcuola. Per capire la scarsa partecipazione della gente, prosegue, occorrerebbe conoscere questa gente; purtroppo, prosegue Gigi, non conosciamo neppure gli oneri ed i problemi, che le persone si ritrovano a dover gestire, oneri e problemi che le distraggono dagli impegni religiosi. Peraltro, trova che le omelie, le quali sono uno dei principali strumenti di evangelizzazione, nella nostra parrocchia siano molto curate. Vincenzo constata che si è sentito, almeno in parte, missionario, quando è stato 'contagioso', ossia quando è riuscito a mostrare al mondo che parlare di Gesù è bello, che è interessante leggere il Vangelo. Si può partecipare a mille iniziative, prosegue, ma, se non si lascia trasparire ciò che si è appreso, non si è missionari. Per don Paolo, bisogna creare un'atmosfera fraterna, fra la comunità ed il quartiere (mondo) circostante. Il suo sogno, prosegue, è una parrocchia con poche attività o gruppi, ma in cui ci si scambino idee, fraternamente, in amicizia, vivendo, poi, la propria fede all'esterno della parrocchia, mentre, spesso, ci si prodiga all'interno della comunità. Valentino sostiene che il primo campo d'azione, di noi, che viviamo in questa comunità, è “il pianerottolo di casa nostra”. Don Donato trae alcune conclusioni: 1 – l'orientamento, che è emerso dalla discussione, è l'attenzione alla famiglia, cioè come aiutarla ad essere essa stessa missionaria; 2 – quale strumento attivare, affinché le persone proseguano il proprio cammino spirituale, anche dopo aver ricevuto Sacramenti come la Cresima ed il Matrimonio; 3 – valorizzare gli incontri indetti in parrocchia, visto che sono frequentati, anche se poco, mentre chi vive in questa comunità frequenta assai poco quelli in decanato o in città; 4 – le nostre celebrazioni sono annuncio ? 5 – la gente non ha tempo, per frequentare troppi incontri di catechesi, perché deve badare ai bambini, ai nipoti, al lavoro; non ne sente il bisogno; 6 – dobbiamo rassegnarci ai piccoli numeri, perché siamo rimasti in pochi: poche persone in Caritas, pochi catechisti e così via.

Riguardo la scarsa propensione della gente, a proseguire gli impegni spirituali dopo la Cresima o dopo il Matrimonio, Valentino propone la sua idea: nel 90% dei casi, i Sacramenti sono l'espletamento di una convenzione. Vincenzo si stupisce, invece, per la discrepanza fra il numero di coloro che chiedono di frequentare il catechismo, per fare la 1^ Comunione ed il numero di chi prosegue il proprio impegno, dopo la Cresima. Luca spiega questo fenomeno con il fatto che i genitori sanno che i propri figli imparano, al catechismo, cose che, fuori da questo ambiente, non imparerebbero. Rispetto alla domanda, se la nostra parrocchia sia missionaria o meno, ritiene lo sia, perché tutto ciò che è stato citato, in essa esiste; quanto al vivere da cristiano, sottolinea il fatto che bisogna vivere e comportarsi da cristiani, non perché gli altri ci vedano e ci elogino, ma perché fa bene a noi stessi, perché ci piace. L'importante, interviene Gigi, è che traspaia un'immagine di adulto diverso da altri. Valentino aggiunge che la qualità di buon cristiano bisogna, però, 'spenderla', per così dire, non solo nelle attività parrocchiali, ma nel mondo. Don Paolo crede sia necessaria una nuova spinta al cristianesimo. Per corroborare quest'affermazione, cita una frase di un sacerdote di sua conoscenza: “Quando si spegne la caldaia, per un po' di tempo i termosifoni rimagono tiepidi...”. Il cristianesimo, prosegue, si trova nella fase in cui 'è stata spenta la caldaia'... C'è bisogno di un nuovo alito di 'vento buono'. A chi lamenta uno spreco d'energia nel catechismo dei bambini, don Paolo obietta che ciò è la miglior forma di evangelizzazione che possiamo produrre. Don Gianfranco ritiene che si debba fare in modo che la gente, per strada, ci riconosca come cristiani. Gemma è perplessa, invece, per il fatto che la comunità si occupi eccessivamente, o solamente, di oratorio e di catechesi; ritiene, perciò, si debba allargare l'orizzonte missionario e ci si occupi, come missionari, anche, ad esempio, di chi ha perso il lavoro o di chi ha gravi sofferenze in casa propria. Vincenzo, per tutta risposta, ricorda che, in occasione della visita pastorale, fu il Vicario Episcopale stesso a chiederci di focalizzarci su catechesi, famiglia ed oratorio, ma è funzione delle forze, che possiamo mettere in campo, rivolgerci a questo oppure a quello. Per don Gianfranco la missionarietà non esclude nulla e nessuno. A conclusione della trattazione, don Donato riconosce che quanto detto è servito a portare alla luce i vari problemi: toccherà alla Giunta tirare le somme e rilanciare il discorso. Considerando l'ultima domanda dell'allegato, Giulio auspica si possa dare vita ad un nuovo Gruppo Missionario. Riguardo ciò, don Donato giudica, quanto meno, curioso, che in una parrocchia, alla quale per anni, il suo primo parroco, don Aldo Farina, prima dall'Africa, poi da Milano, inviava, mensilmente, una lettera missionaria, ebbene, questa stessa parrocchia non abbia un Gruppo Missionario. Risponde Tina, la quale ne faceva parte, che il Gruppo ha avuto modo di esistere, finché giungevano le missive di don Aldo, in quanto il suo lavoro era riflettere su di esse, applicandone i temi alla vita della comunità; quando questi morì, il Gruppo non ebbe più materiale su cui lavorare e si sciolse. Successivamente, Tina contesta la modalità della benedizione natalizia alle famiglie, fatta rapidamente. Le risponde don Donato, spiegando che, a suo avviso, la benedizione natalizia serve certamente a benedire, ma, soprattutto, per conoscere le persone e prendere coscienza dei problemi che esistono nelle famiglie: se incontra persone con malattie, problemi o altro, ne prende nota e si ripromette di tornarci, per approfondirne la conoscenza.

A questo punto, don Donato introduce il secondo punto all'o.d.g.:

2. Valutazione della proposta di anticipare alle ore 23 la Messa della vigilia di Natale, attualmente prevista per mezzanotte.

Dopo breve discussione, sulle motivazioni che hanno portato la Giunta ad esprimere la proposta, se ne vota l'approvazione o meno: voti a favore 6; voti contro 7; astenuti 5. La mozione viene respinta e sostituita dalla proposta, peraltro accettata all'unanimità, di introdurre il cambiamento l'anno prossimo, per preparare la comunità alla notizia, in quanto, in particolare secondo Vincenzo, questa celebrazione è frequentata, in buona parte, da persone che assistono alla messa solo in questa occasione e non avrebbero modo di venire a conoscenza, tempestivamente, della variazione d'orario, mancando, ormai, meno di due settimane alla data in questione; ciò andrebbe a scontrarsi con il discorso di missionarietà trattato in questa seduta del CPP.

Dopo di ciò, verificato che non ci sono altri argomenti da trattare, alle 23.10 si recita un Padre Nostro e si scioglie la riunione.